CUBA libri.Torna “Cimarrón – Biografia di uno schiavo fuggiasco” di Miguel Barnet

Che bello tuffarsi nuovamente tra le pagine della Cimarrón- Biografia di uno schiavo fuggiasco dell’etnologo e scrittore Miguel Barnet di cui è appena stata pubblicata la nuova e bella edizione italiana a cura di Elena Zapponi, presentazione di Italo Calvino per i tipi della Quolibet edizioni di Macerata

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Omara Portuondo: com’è bello essere la fidanzata della musica

1. agosto 2010 – 07:57One Comment
Omara Portuondo: com’è bello essere la fidanzata della musica

La cantante di Cuba celebra con il nuovo Cd, «Gracias», sessant’anni di musica: dalle battaglie de los muchachos del feeling ai successi del Buena Vista Social Club.

Nella sua biografia si parla di una donna che infranse regole e morale borghese creando scalpore e subendo conseguenze.

Era mia madre che fu diseredata dai suoi genitori, spagnoli e molto ricchi, quando decise di sposarsi con un cubano, nero e giocatore di baseball, il cui nonno era stato schiavo di un signore basco di nome Portuondo. Io sono figlia di quei due innamorati «scandalosi» che sfidarono apertamente la classista e razzista Cuba degli anni Venti.

E allora la giovanissima mulatta Omara come faceva a frequentare i locali del Vedado o le zone off limits ai neri?

Come artista potevo suonare nei club dell’Avana riservati ai bianchi, ma un cittadino di colore, nero o mulatto che fosse, non poteva entrare come spettatore. Una realtà terribile che non dimentico e durò fino al trionfo della Rivoluzione, che cinquant’anni fa cancellò la discriminazione razziale.

Dove e come è iniziato il suo cammino musicale?

A Cayo Hueso, un quartiere del Centro Avana ricco in ogni ora del giorno di ritmi e canti, dove sono nata nel 1930. Stimolata dai miei genitori – grandi appassionati di musica – iniziai da bambina a studiare canto, ballo e recitazione ed ero ragazzina quando cominciai a frequentare «los muchachos del feeling», un gruppo di giovani musicisti che ha contribuito alla mia formazione. Il mio esordio artistico fu a metà degli anni Quaranta, con il quartetto Loquibambia del pianista Frank Emilio Flynn. La musica diventò la mia professione nel 1949, quando entrai nel prestigioso quartetto del compositore-pianista Orlando de La Rosa, con il quale nel 1951 andai in tournée per sei mesi negli Usa; nel gennaio del 1952 partii per Haiti con l’orchestra femminile Anacaona e poco dopo iniziò la fantastica stagione con Las D’Aida, il quartetto vocale femminile più importante di Cuba diretto dalla pianista Aida Diestro: lavoravamo nei cabaret più noti della capitale come il Tropicana, Sans Souci e Club 21, molto spesso assieme ad artisti internazionali quali Nat King Cole, Tony Bennett, Edith Piaf, Maurice Chevalier…

Già, il «feeling», un movimento estetico-musicale per alcuni aspetti abbastanza simile alla «bossa nova» creata in Brasile nel decennio successivo. Può farcene un ritratto?

Mi chiamano «la novia del feeling», cioè la fidanazata, perché ero la ragazza fissa che cantava con il gruppo di amici capeggiato dai chitarristi-compositori José Antonio Méndez e César Portillo de Luz. Questi giovani musicisti rielaborarono la tradizione del bolero e della canzone romantica creando un nuovo linguaggio, armonicamente più ricco e moderno: «los muchachos del feeling» amavano sia la musica cubana sia il jazz, non erano esterofili e yanquí, come dissero alcuni. Si riunivano a pochi passi da casa mia, all’inizio era un cenacolo artistico di appassionati, poi diventò itinerante spostandosi da una casa all’altra. Io cantavo brani in inglese o in spagnolo e un bel giorno ci esibimmo gratuitamente a radio Mil Diez.

…che era un’emittente radiofonica di proprietà del Partito Socialista Cubano. Ma il «feeling» aveva anche obiettivi extramusicali?

Io debuttai in quell’emittente e le dico che non c’erano scopi politici di mezzo: fu la radio che diede la possibilità ai filineros (cubanismo derivato da «feeling» – NdA) di farsi conoscere da un pubblico più vasto e chi poteva rifiutare una collaborazione così? Mil Diez era una radio progressista, faceva un servizio autentico e orientato al popolo ma anche alla cultura nazionale; si trattava di un’importante realtà culturale – e non commerciale come altre concorrenti – con una grande orchestra sinfonica e altri formati strumentali. Vi lavoravano straordinari maestri come Adolfo Guzmán, Enrique González Mántici, c’era un lavoro di ricerca e un ottimo archivio musicale. Insomma, una scuola per la cultura e fu la prima emittente che creò un’informazione sistematica sul mondo musicale. Lì si esibirono Celia Cruz, Olga Guillot, Bebo Valdés e molti altri che poi se ne andarono da Cuba con l’avvento della Rivoluzione…

….ma in particolare con la crisi dei missili, che provocò la rottura delle relazioni diplomatiche fra gli Stati Uniti e Cuba. Da lì l’abbandono dell’Isla di molti artisti che sognavano New York. Lei invece, che si trovava negli USA, tornò a casa tra «i ribelli», é cosí?

Esatto. Gli individui, da sempre, credono che all’estero sia tutto più facile, migliori condizioni di lavoro, successi e quindi tentano l’avventura, una scelta che rispetto ma non condivido. Infatti, stavamo suonando negli Stati Uniti quando si incrinarono i rapporti con il mio Paese. Alcuni colleghi della mia compagnia non rientrarono mentre io andai controcorrente: tornai a Cuba con tutti i cambiamenti in atto e che mi piacevano.

di Gian Franco Grilli

Questa è una parte dell’intervista. Per il lavoro completo, pubblicato su MUSICA JAZZ (Gennaio 2009), scrivere alla redazione info@micaribe.it.

La foto seguente è stata scattata a Bologna nel 1985, molti anni prima della popolarità riconquistata con Buena Vista.


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