CUBA libri.Torna “Cimarrón – Biografia di uno schiavo fuggiasco” di Miguel Barnet

Che bello tuffarsi nuovamente tra le pagine della Cimarrón- Biografia di uno schiavo fuggiasco dell’etnologo e scrittore Miguel Barnet di cui è appena stata pubblicata la nuova e bella edizione italiana a cura di Elena Zapponi, presentazione di Italo Calvino per i tipi della Quolibet edizioni di Macerata

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Idee da regalare: Dischi

8. gennaio 2011 – 02:34One Comment
Idee da regalare: Dischi

Ecco alcune idee intelligenti da regalare o da regalarsi all’insegna del risparmio per le  Festività.

Di libri  abbiamo parlato diffusamente in un altro articolo già pubblicato su questo webmagazine, ora di seguito invece potrete leggere la nostra proposta di dischi contenenti musiche che attraversano tutto i continenti, partendo ovviamente dalle sonorità dell’America Latina.

Apripista di questa selezione di titoli è il progetto Salsa.it Compilation,  giunto alla 7ma edizione grazie all’infaticabile lavoro che sta a monte svolto da Francisco Rojos, Moreno Berardinello e Ilario Calì, le colonne portanti di ALOSIBLA Music Group. Che dire ancora sulle 18 nuove e belle composizioni della Compilation dopo le numerose e autorevoli opinioni di esperti di salsa apparse sul portale www.salsa.it? Possiamo soltanto aggiungere che di anno in anno è un progetto che si migliora, si rinnova e si arricchisce di eccellenze musicali italiane e internazionali. Tornando al Cd, l’unica nota lievemente calante che facciamo rilevare con rispetto all’editore è la mancanza di un mini booklet  informativo in grado di illustrare in un colpo solo (senza fare ricerche in internet) i cantanti, i musicisti, i compositori  coinvolti nell’ottima iniziativa discografica, che è uno scrigno prezioso di sonorità latine made in Italy. Infatti, è bene ribadirlo, trent’anni fa nessuno avrebbe mai scommesso che orchestre di italiani (pur con l’inserimento di alcuni strumentisti latinoamericani nell’organico) avrebbero composto e interpretato la musica salsa a livelli così alti. In questa produzione, ad esempio, sono intervenuti degli ottimi professionisti tra cui diversi jazzisti come  l’italiano Fabio Gianni (pianista dell’Iguazù Acoustic Trio che ha pubblicato quest’anno un album con il fenomenale percussionista peruviano Alex Acuña), il pianista cubano Ivan Bridón, che suona con il gruppo Italuba del batterista Horacio El Negro Hernandez o il percussionista colombiano Rodrigo Rodriguez, membro dell’orchestra Mercado Negro e  partner del sassofonista jazz Chico Freeman nelle tournée in Europa. Questa precisazione è indirizzato a coloro che non sanno che dietro la salsa ci sono molto spesso artisti di grande prestigio.

Dalla salsa elegantemente contaminata con altri generi alla “rumba moderna, in salsa newyorchese” raccolta in Deep RumbaA Calm in the Fire of Dances (Yellowbird –distr. Egea) pubblicato originariamente dall’American Clavé dell’eclettico produttore e musicista Kip Hanrahan. Le 16 tracce inaugurate da Cubana, interpretata dal sax tenore di Charles Neville (Neville Brothers di New Orleans) sono un piccolo festival di percussioni e ritmi afrocaraibici, rumba in testa,  con ospiti straordinari, i migliori percussionisti mondiali di scuola afrolatina come i congueros Giovanni Hidalgo, Richie Flores e Paoli Mejias, il timbalero Amadito Valdés, i batteristi Horacio El Negro Hernandez e  Robby Ameen. Se poi in questo frullatore di ritmi che va a 10.000 giri vi aggiungete claves di rumba, tumbao di basso, contrappunto di violino e le voci cubane di Xiomara Lougart, Haila Monpie, Puntilla Orlando Rios, potete già sentire nelle orecchie  guaguancó e ritmiche afro trascinanti.  Il palmoteo o palmar, il tipico ritmo scandito con le mani in Work and Play che chiude l’album, sembra fatto apposta per passare il testimone alla rumba catalana, alle melodie gitane e al flamenco.

Iniziamo da Barcellona con Oie il primo brano di Rumbastards, l’esordio discografico del giovane gruppo Malakaton che riesce a miscelare in modo equilibrato e con gusto, rumba gitana, pattern caraibici e pop. Malakaton è una formazione di cui sentiremo ancora parlare, intanto vi consiglio qualche preascolto su www.malakaton.com

Sabrosisima rumba catalana – interpretata in chiave originale e ricorrendo a modalità musicali afrolatine presenti nella salsa, timba, rumba, reggaeton, samba e ad accenti rock e jazz – è  quella che fa da cerniera nell’ultimo progetto della brillante orchestra Sabor de Grácia formata da catalani, gitani spagnoli e in cui militano anche un paio di taglienti fiati cubani (e si sente dal linguaggio e non dal carné de identidad) e due artisti di origini venezuelane. Tra le 15 tracce di Sabor pa’ rato (World Village – distr. Ducale), unite in sequenza come anelli di una catena e con lo spirito del concept album, ve ne sono alcune di grande tiro per gli appassionati di balli latini, come la track-list Sabor pa’ rato o Despierta, in cui è state iniettata anche una convincente dose di canto blues-gospel. E l’impasto è notevole. La canzone più strepitosa, in senso ritmico, è Tau Tau, mentre le più variopinte in cui risaltano effetti coloristici di fusion e articolati fraseggi di timbajazz sono rispettivamente  Hasta que me quemen los bares e La tienes que pagar.

Flamenco jazz di grande impatto  quello espresso in Mi alma vuela en silencio il primo brano interpretato da Rosario La Tremendita nel suo ultimo disco A Tiempo (World Village – distr. Ducale). Poi, in generale, il canto flamenco, benché contaminato, prende il sopravvento sino alla fine dell’interessante percorso guidato dalla potente voce di questa brava e giovane interprete. Rosario, sivigliana, infatti ha solo ventisei anni ma rappresenta già un riferimento della cultura flamenca odierna, ha grande personalità e una padronanza del canto melismatico andaluso, che mostra in questo Cd, davvero da brivido. Qui è affiancata da vari formati strumentali e oltre alla voce gli altri grandi protagonisti sono le corde che, sostenute dal cajón, incalzano e dialogano vivacemente con Rosario per trovare punti d’incontro e ripartire per nuove sfide. Più o meno simile al duello che avviene nella rumba afrocubana tra i colpi scanditi dal quinto e i movimenti del corpo del ballerino.

Lasciamo i toni caldi dell’Andalusia per inoltrarci in quelli più tiepidi del mondo lusitano, alla scoperta di Deolinda, un gruppo impegnato a consolidare un proprio stile con un’onda musicale nuova che sembra cullare l’ascoltatore. Una piacevole sensazione che ho ricevuto fin dai primi accordi e arpeggi di Se  Uma Onda invertesse a marcha, il brano n.1 del Cd Dois selos e um carimbo (World Connection – distr. Egea). E le emozioni del primo impatto difficilmente sbagliano nel decodificare i messaggi estetici che si ha di fronte. Pur lasciando da parte, questo dato soggettivo, è indiscutibile il pregevole lavoro del quartetto che è riuscito a far incontrare le tradizioni musicali portoghesi capeggiate dal fado e un insieme di linguaggi internazionali, dal pop al rock, dal folk al jazz alle melodie brasiliane. In sintesi, Deolinda punta a rinnovare il fado ricorrendo a colori allegri, in linea con l’attualità, sia sul versante timbrico, contenutistico che interpretativo. Armonico con lo spirito innovativo delle 14 canzoni, anche l’utile e divertente booklet, con tratti grafici semplici ma che sanno comunicare agli  occhi i suoni dell’album. Nell’insieme è un lavoro che rasenta la perfezione.

Continua il percorso musicale contromano (da qui il loro nome) del gruppo La Zurda grazie a una nuova ed esplosiva miscela di suoni. Il flusso di note e ritmi che sgorga dal loro ultimo album Acá y Ahora esprime un’energia davvero insolita, e direi abbastanza rara, che va  dal rock argentino alla patchanka, dal reggae al blues,  dal country a qualche concessione anche al ‘liscio’ di casa loro (non me ne vogliano i tangueros), ovvero il tango, ma alla maniera  del grande Carlos Gardel. Con questo nuovo lavoro, ricco di testi che nascono sempre nella calle e nel quotidiano porteño,  La Zurda si propone alla platea mondiale  con un sound più intenso, senza sbavature (presenti invece nei primi album), efficace e molto compatto, che colpisce. Tuttavia i suoni autoctoni, quelli che sanno di tradizione andina, non sono scomparsi, ma rivivono nel charango e nel ronroco, i rari cordofoni dell’America Latina che danno un valore aggiunto timbrico e armonico alle composizioni de La Zurda. Passato e presente, tradizione e modernità sono la forza di queste 12 tracce coinvolgent, tanto che all’ultima nota mi scappa un accentato puta madre!, o per dirla su frequenze più comprensibili: porca puttana che bel disco! Con tanto freschezza e gioventù. Un viaggio letterario musicato che ti carica anche se hai superato i cinquanta,  e ammetto che ho fatto fatica a togliere il Cd dal lettore. Non so se capita anche a voi, ma quando un refrain comincia da solo a cantare dentro di te, beh, per un po’ sei fritto. E così ho riascoltato oltre una dozzina di volte Ilegal e le due versioni di Como el Rio, una cantata anche in italiano assieme a Paolo “Pau” Bruni, il cantante dei Negrita.

Jazz jazz, tanto per capirci, quello espresso dal quintetto di Paolo Fresu, una formazione che non teme confronti con i grandi maestri afroamericani ancora in circolazione.  Infatti, il doppio album Songlines/ Night & Blue, della nuova etichetta Tuk Music – fondata dal trombettista e flicornista sardo / www.myfavorite.it – è senza dubbio il miglior Cd di jazz  che ho ascoltato negli ultimi mesi, e vi garantisco che il mio giradischi di jazz  in questi mesi ne ha dovuto digerire un bel po’.

In questo lavoro regna un interplay magico (chiamatelo affiatamento, feeling, se volete), un’intesa umana e artistica da cui sono nati in scioltezza i 15 pezzi firmati dai membri del quintetto e raccolti in Songlines e  i 14 standard, uno per tutti Blue In Green di  Miles Davis-Bill Evans, presentati in Night & Blue.  Jazz rilassante, che ha un certo non so che, elegante, terapeutico. Sublime.

Lodevole l’impegno dell’etichetta belga Crammed Discs (distr. Materiali Sonori) di riscoprire il patrimonio di musiche etniche e popolari di vari continenti. Il primo è Un viaggio che ci riporta indietro di alcuni decenni e nel primo caso nel Congo Belga (il Coloniasmo europeo imperava ancora)  del Cinquanta. Gli appassionati di etnomusicologia, apprezzeranno l’album Roots of Ok Jazz – Congo Classics -1955-1956 in cui si mostra una parte importante delle origini della musica africana contemporanea, cioè il mix sonoro chiamato (erroneamente) rumba congolese, che univa tradizione africana e modernità occidentale, canto congolese e clave di son,  cha cha e altri ritmi cubani in voga nel continente Nero in quegli anni, rock & roll, jazz, chitarra elettrica, flauto, tromba, sax,clarinetto, percussioni afrocubane (maracas, claves, bongò) e Solovox (un piccolo organo elettrico). Attraverso le 20 tracce registrate a Kinshasa riviviamo gli anni  della nascita dell’OK Jazz, orchestra mito in quegli da Durban a Dakar in cui di distingue il leader-chitarrista Franco.

Il secondo album della Crammed Disc è The Roots of Chicha vol.2. Psychedelic Cumbia from Peru. Cominciamo dal nome Chicha, che in origine significava bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del mais e piaceva molto agli Incas, ma dagli anni Settanta sta a indicare un cocktail di ritmi tradizionali e moderni, a partire dalla versione peruviana della cumbia suonata con chitarra elettrica, mescolata a huayno, canto criollo, guaracha e guajira cubane, rock, boogaloo, melodie brasiliane e europee. Insomma, chicha è un melting pot tropicale di 16 brani  interpretato da 11 gruppi  (che non cito) dal1968 al 1981, gli anni in cui entra in scena la rivoluzione mondiale della musica. Due titoli della compilation li conoscerete certamente: La Colegiala di Walter Leon e la famosissima Siboney, uno standard del grande maestro cubano Ernesto Lecuona.

Chi segue la world music o il jazz  quando legge che Mino Cavallo, oltre ad essere uno studioso degli stili tradizionali del Mediterraneo e dell’America Latina è un fine chitarrista, compositore, arrangiatore, ha collaborato con musicisti come Franco Cerri, Bruno Tommaso, Gabriele Mirabassi, Ruben Chaviano e  il miglior multipercussionista al mondo Trilok Gurtu, ha già capito che siamo in presenza di un versatile artista che attraversa e interpreta con grande naturalezza flamenco, tango, bossa nova, samba, son, guajira, fusion e jazz. E questo magico amalgama lo potrete ascoltare nel suo recentissimo album Sertao (Materiali Sonori) in compagnia di undici bravissimi musicisti, a cui il leader dedica questo progetto per la musica che c’è stata tra di loro nel corso degli anni. Si tratta di brillante musica, ricca di melodie e intriganti armonie, con accenti latini, tanto swing e ritmi strepitosi. Meritevoli di segnalazione, le corde di Cavallo e il violino cubano di Chaviano. Se volete avere qualche elemento sonoro in più: www.myspace.com/minocavallo.

Terminiamo questa carrellata  segnalando gli album (editi da World Village – distr. Ducale) usciti quest’anno di due famose orchestre cubane:

¡Sin Rumba no hay Son! è firmato dal glorioso Septeto Nacional Ignacio Piñeiro; Sonando Ya è del gruppo Sierra Maestra. Il risultato che si ottiene dall’ascolto delle complessive 27 canzoni è un tripudio di son, il perno sonoro di tutta la musica cubana, declinato in guaracha, changui, rumba, bolero e conga.

Buon ascolto e Auguri per le prossime Festività e per un 2011 pieno di salute e ritmo.

gfg

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