CUBA libri.Torna “Cimarrón – Biografia di uno schiavo fuggiasco” di Miguel Barnet

Che bello tuffarsi nuovamente tra le pagine della Cimarrón- Biografia di uno schiavo fuggiasco dell’etnologo e scrittore Miguel Barnet di cui è appena stata pubblicata la nuova e bella edizione italiana a cura di Elena Zapponi, presentazione di Italo Calvino per i tipi della Quolibet edizioni di Macerata

continua...... »
musica

Arte

libri/cDVD

Viaggi

cultura e tradizioni

Home » bolero, CD e DVD, Cuba, Interviste, latin jazz, miTube, musica, pop latino, reggae, rumba, Son, Video

Leandro Saint-Hill da Cuba: sax crossover che swinga a danzón

17. luglio 2013 – 23:18One Comment
Leandro Saint-Hill da Cuba: sax crossover che swinga a danzón

Leandro Saint-Hill Montejo, sassofonista cubano che dal 1994 vive in Germania, passa agilmente tra diversi generi musicali, dal jazz al latin funk, dalla fusion al rap  al danzón. Un musicista crossover, trasversale. Ecco l’intervista in esclusiva  per Micaribe raccolta a Casalmaggiore durante la tournée italiana con Omar Sosa & The Afri-Lectric Experience per presentare il progetto-album Eggūn. Video con solo di flauto, in stile charanga, sul brano Rumba Connection (+ videoclip Buena Luz per lancio cd Son My Soul del Saint-Hill Colectivo)

Sassofonista, flautista, clarinettista e compositore, Leandro è nato a Camagüey, la terza città più importante di Cuba, in un ambiente ricchissimo di tradizioni musicali. A sette anni il padre lo introduce al violino; quattro anni dopo imbraccia il sax, che gli aprirà una carriera musicale ricca di traguardi, tra cui una nomination al Grammy con il connazionale Omar Sosa, pianista-compositore con il quale lavora da molti anni intrecciando anche una solida e fraterna amicizia. (E’ rilassante e divertente vederli scherzare fuori dal palcoscenico). Leandro, quarantenne, carattere solare, simpatico e affabile, è un artista molto richiesto per le tournée anche da altri grandi della musica come Gonzalo Rubalcaba o Trilok Gurtu, tanto per citare un paio di nomi celebri. Continuamente alla ricerca di nuove sonorità e di allargare il proprio orizzonte, e non solo musicale, Leandro Saint-Hill Montejo che dal 1994 vive in Germania, passa agilmente tra diversi generi musicali. Un sax crossover, trasversale. Ecco l’intervista raccolta durante la tournée italiana con Omar Sosa per il progetto Eggūn.

Leandro, in una delle nostre ultime conversazioni si soffermammo sul lavoro della tua band, il Saint-Hill Colectivo e in particolare del video Buena Luz in occasione del cd Son My Soul. In questo periodo dove va la tua musica?

Ho già quasi pronto un album  non con il Colectivo ma con una piccola formazione  acustica: in duo e trio. Ho già pronta la metà dei pezzi e a breve nel mio sito web http://www.leandrosainthill.de sarà possibile ascoltare alcuni di questi brani.  Che è una sorta di dialogo tra tamburi e sassofoni.

Stessa onda musicale?

No, in questo progetto voglio sperimentare il lato versatile, proteiforme di Leandro sul lato dell’afrocubanjazz  in chiave moderna e un po’ più come solista.  Desidero invitare un’altra volta Omar Sosa con il piano solo e in duo, e con elementi percussivi tipicamente crollo, alla maniera cubana. Per questo progetto avrò al mio fianco un chitarrista: in sintesi, avrò 4 o 5 invitati ma soprattutto dei percussionisti. Voglio basarmi sulla solidità melodica e ritmica, che sono due elementi basilari nel mio stile e nel mio sviluppo musicale. E tutto ciò vorrei plasmarlo in questo formato piccolo e acustico.

Parliamo un po’ di Eggūn, ultimo disco di Omar Sosa  con il progetto Afri-Lectric Experience di cui sei parte, un tributo originalissimo in forma di suite a Kind of Blue di Miles Davis.  Ciò che mi ha colpito  di più è il tuo richiamo alla charanga, tradizione sonora che ha partorito le musiche ballabili e cantabili più belle di Cuba. Ascoltandoti al flauto si evince che hai studiato attentamente la tradizione più autentica della musica popolare cubana.

Paradossalmente negli anni della mia crescita a Cuba mi sono impegnato a studiare  la musica classica, sono stato molto legato agli elementi della musica moderna e del jazz. Ma le mie prime incursioni con orchestre professionali furono con il bolero e altri ritmi della tradizione cubana. Tuttavia allo stesso tempo, quando mi era possibile, suonavo con band di jazz contemporaneo, di rock, ma mi sono speso anche dentro il jazz fusion.  Quando avevo diciotto/vent’anni suonavo però e soprattutto musica sperimentale e rock.

Il solo di flauto che prende il volo dentro un pezzo di quest’omaggio davisiano esprime i colori, i timbri e il fraseggio tipico della Charanga.

E infatti è nettamente charanguero, perché mio padre è uno coetaneo o quasi di Rafael Lay. Mio padre, che adesso ha  76 anni,  è un ottimo violinista,  si chiama Marcelo Saint-Hill Sweeney, vive a Camagüey e suona nella Danzonera de Camagüey.  Con questo voglio dirti che lui è stato sempre immerso nella tradizione charanguera di primissima classe, ed è uno dei pionieri di questa cultura musicale.

Quindi tuo padre Marcelo ti ha avvicinato alla musica con il  flauto o  con violino?

Quando avevo sette anni mi ha dato le prime lezioni di violino. Solo quattro anni dopo Mario Lombida mi introdusse nel mondo del sassofono e del flauto, e su quel terreno ho messo le radici della mio cammino musicale.

Possiamo dire che ti hanno cresciuto a pane e danzón?

Direi proprio che è andata così. Mio padre faceva le prove con la sua orchestra in casa nostra, ma mi portava anche in altri locali dove provavano il repertorio, oppure ai concerti, pertanto confermo quanto tu dici perchè sono cresciuto nell’ambiente della charanga e del danzón…

… danzón, che mi sembra uno degli stili più adatti su cui imbastire improvvisazioni. E’ così?

D’accordissimo,  perché è la miscela perfetta della musica classica adattata al jazz e alla musica ballabile cubana lenta, come il danzón, che è il precursore del son.  Cronologicamente direi che abbiamo questo percorso o catena: contraddanza, danzón, danzonete, son.

L’eggūn,  vocabolo che dà il titolo all’ultimo cd di Omar Sosa a cui hai colloborato, per te è qualcosa di spirituale o è soltanto una modalità estetica?

Io dò molto valore all’estetica della santería, ma personalmente non sono un seguace di questa religione popolare di origine africana. Tuttavia ogni volta che posso mi interesso sempre di più a questo fenomeno e non solamente per i progetti di Sosa, ma per il patrimonio di messaggi e segreti che sono alla base di questo sincretismo. Il messaggio che Sosa trasmette con la sua musica è molto universale,  voglio dire che va oltre la dimensione della santería cubana,  si rifà alla radici africane, infatti proviene dalla Regla de Ifa dell’Africa. Sono i messaggi dei morti e dei santi che discendono da differenti costellazioni, del subcosciente. Con Eggūn direi che va molto più indietro rispetto a queste pratiche africane, ma ricerca in altre direzioni,  tra gli antenati che possono essere neandertaliani o perfino entità di altri Pianeti.

A tuo avviso, e musicalmente parlando, perché rivolgersi a Eggūn per interpretare “Kind of Blue” di Miles Davis.

Per quello che ho appreso parlando con Sosa durante la preparazione del disco, posso dirti che lui è un musicista che ha una base storica in qualche forma simile a quella di Miles Davis.  Ci sono persone che hanno un dono speciale e che mediante differenti concetti estetico-filosofici e colori musicali  variegati sono abili nel plasmare  ritmi e stili musicali in grado di acchiappare il pubblico. Omar è molto aperto alle influenze dei grandi maestri  del jazz e  Miles Davis è certamente uno di questi. Pertanto ha voluto fare un omaggio rileggendo in modo moderno la sua musica attraverso lo spirito dei morti, degli antenati.

Facciamo un passo indietro e ritorniamo sull’argomento flauto di poc’anzi: negli anni della tua formazione i modelli musicali erano la tradizione di Cuba o il jazz elettrico di Davis e di altri.

La mia prima esperienza attiva si alimenta di quel tipo di linguaggio jazz, ma ricorda che sono cresciuto per molti anni ascoltando e partecipando ai concerti che faceva mio padre con la charanga (chiamata anche charanga francese -NdA), cioè l’orchestra tipica con 4 violini, contrabbasso, paila, eccetera e il flauto. Bene, nella band di mio padre c’era un signore che si chiamava Piñeiro, che ho ascoltato mille volte ed è uno che suonava al livello di  Richard Egües e altri grandi flautisti, ma non era famoso come quelli, e stessa cosa vale per mio padre, bravissimo ma non conosciutissimo. Erano tutti della stessa generazione di Rafael Lay…

… Eccellente musicista e direttore della mitica Orquesta Aragón, autore di bellissime pagine di musica ballabile, bolero e cha cha cha .

Verissimo, Lay è un violinista virtuoso, insomma un’istituzione della musica popolare cubana.

Chi sono stati i tuoi idoli del jazz?

All’inizio mi influenzarono ovviamente il gruppo Irakere e qualche tempo  dopo  il Grupo Afrocuba. Se parliamo del mio strumento principale, allora dico Paquito D’Rivera,  che a mio avviso ancora oggi  è l’unico sassofonista cubano che è riuscito a conferire una voce al suo strumento distinguibile tra altre cento, una specie di marchio inimitabile  come Carlos Santana con la chitarra o Miles Davis con la tromba. Uno stile che suona con la solidità e un virtuosismo alla Charlie Parker, ma con una pronuncia molto cubana, criolla (creola), e un timbro tipico.

Sono diversi anni che hai lasciato il tuo Paese per stabilirti in Europa:  sei ancora in contatto con artisti che vivono nell’Isla e conosci lo stato attuale di salute del sassofono a Cuba?

Sono uscito da Cuba all’inizio del periodo especial, nel  1994, ma vi ritorno con la famiglia ogni due o tre anni.  Quando sono là naturalmente vado a concerti, poi mio fratello è un pianista ben posizionato e frequento altri amici musicisti. Cuba sta sfornando nuovi talentuosi sassofonisti e non sto qui a farti l’elenco. In generale nell’Isla la musica si evolve a gran velocità ma non tanto sul versante afrocubano o jazz,  ma l’evoluzione vera si registra tra le nuove generazioni che stanno mescolando la poesia, il rap con elementi etnici, rock, punk, funk soul e jazz. Diciamo, per semplificare, che sono raperos molto raffinati, perché ne puoi incontrare alcuni più politicizzati orientati nel ghetto. Un buon gruppo è quello di Roberto Carcassés, Interactivo, oppure Telmary, ma ci sono altri artisti più giovani che collaborano tra loro e stanno facendo un lavoro rivoluzionario mixando rumba, jazz, funky soul, poesia e critica sociale.

Poesia e impegno in stile Nueva Trova?

Poesia con molte metafore,  non ha vincoli con la Nueva Trova, questa è la vera novità sonora in atto a Cuba. Questi giovani sono i veri rivoluzionari della musica, non lo sono i jazzisti, non lo sono i salseri, ma questi musici-poeti sì,  e io li ascolto e cerco di stare informato sugli sviluppi di quel fenomeno culturale.

Quando non sei in tour con Omar Sosa, con chi suoni in Germania o nella città dove vivi?

La mia città di residenza è Amburgo, ma suono ovunque. In generale suono con differenti band, con diversi progetti, mi muovo con musicisti che ruotano attorno a latin jazz, world music, in particolare gruppi reggae. Suono soulfunky con statunitensi, tedeschi, con reggae man come Jamaica Papa Curvin  ex batterista  di Boney M., o altri artisti di flamenco jazz  o latin jazz, ad esempio abbiamo inciso un nuovo cd con Roberto Santamaria, il nipote del famoso conguero cubano Mongo. In questa fase stiamo facendo tour in Germania poi andremo a suonare a Shanghai.  Tempo permettendo lavoro con il grupo Cubanisimo, musica cubana. Quindi queste sono collaborazioni e progetti che sviluppo parallelamente agli impegni con Omar Sosa.

Concludiamo su Cuba: come viene accolta la musica cubana dai tedeschi?

Molto bene, è cresciuto moltissimo l’interesse per i nostri ritmi con l’ aumento delle accademie di ballo salsa e di danze caraibiche.

Che dire ancora, grazie per la tua squisita disponibilità e hasta pronto!

Grazie a te per sostenere la diffusione della musica cubana e delle musiche del mondo con le tue collaborazioni e con le newsletter Micaribe che mi tengono aggiornato, e  non solo in fatto di musiche, sulla realtà dell’America latina.

testo e foto di  Gian Franco Grilli

*** Prossimamente vi proporremo un video con il solo di flauto registrato a Casalmaggiore, concerto di Omar Sosa & The Afri-Lectric Experience, Eggūn

E’ severamente vietato riprendere parti dell’intervista senza la citazione della fonte.

un comentario »

Escribe tu comentario!