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Tocar y Luchar, per il 25° di EL V and The GARDENHOUSE

10. luglio 2013 – 15:50One Comment
Tocar y Luchar, per il 25° di EL V and The GARDENHOUSE

Insieme a Marco “El V” Vecchi, leader della band The GardenHouse abbiamo ripercorso venticinque anni di note del reggae latino-emiliano, stile che ha mosso i primi passi da Bologna ispirandosi al reggae giamaicano  per poi incrociare soul, musica latina, funk, hip hop, reggaeton, spagnolo, inglese, italiano e accenti emiliani. Ecco l’intervista raccolta da Gian Franco Grilli.

Sarà frutto di un puro caso quello che sto per dirvi, ma ripensandoci mi sono ricordato di un’intervista di qualche anno fa al famoso multipercussionista brasiliano Airto Moreira nella quale sosteneva, e sostiene tuttora, che le nostre vite, i nostri movimenti, i nostri incontri sono governati sempre da un’energia, da un potere magico, che ci accompagna e fa accadere le cose. E se mi affido a questa filosofia moreirana per una volta la magia deve essere stata nascosta nel vocabolo House, ossia quella Casa che ha permesso di far incontrare Marco Vecchi e chi scrive. Infatti per un malinteso, o disguido, l’incontro fissato in un determinato punto alla fine si è svolto sotto un’insegna dell’Hotel House di Castenaso.  E di fronte a me per la prima volta il leader dei GardenHouse. Personaggio carismatico, ambasciatore di energia (eccola di nuovo), di vitalità e di solidarietà, Marco “El V”, che ama raccontarsi ma che sa ascoltare anche gli altri, ci ha rilasciato l’intervista su una panchina di un giardino. Eccola.

Chi è El  V?

Sono Marco Vecchi e da un po’ di anni il mio nome d’arte, o nickname, o soprannome,  è El V, el articolo della lingua spagnola e V perché mi chiamo Vecchi e per una serie di motivi, che tralasciamo, e ho una band da venticinque anni che si chiama The Gardenhouse. Questa formazione ha iniziato nel 1988 nell’osteria Callaghan, situata al secondo piano in un edificio  del quartiere Bolognina, che è la Chinatown di Bologna: da lì è nato quest’amore straordinario per la musica, che considero simpaticamente una malattia per la quale non esiste nessun antibiotico.

Ma il tuo cammino artistico in modo parallelo è stato accompagnato anche da altri interessi che ruotano attorno alla musica?

Esattamente, perché è l’ambiente musicale quello dove mi piace vivere. Ad esempio, il furgone, con il quale mi hai visto arrivare qui per l’intervista, lo utilizzo per andare in giro con la mia band ma allo stesso tempo è il mezzo con il quale vado in giro con altri musicisti: una settimana fa ero sul Gran Sasso con Guglielmo Pagnozzi (jazzista bolognese) e Roy Paci. Sono sempre nel circuito della musica. Altro esempio,  la mia compagna Francesca Taverni è un’attrice di musical molto titolata e infatti in famiglia la n.1 è lei  (ride Marco).  Questo per dire che ogni momento della mia vita è sempre a contatto con l’arte, in particolare con il mondo dei suoni.

Sei figlio d’arte? E come ti sei avvicinato alla musica?

Nessuno in famiglia suonava, ma l’unica cosa che dico sempre è quella di ringraziare mio padre per avermi donato il senso del ritmo, poiché lui era un grandissimo ballerino (di liscio ma…) e probabilmente è da lui che ho ereditato in questo modo dei cromosomi musicali. Ho cominciato suonando la chitarra, ma tutto è cominciato quando avevo quattordici anni e mi hanno fatto sentire il disco Foxtrot dei Genesis  dove c’era la canzone “Supper’s Ready” che occupava quasi un’intera facciata. Così per far colpo sulle ragazze me la sono imparata a memoria e quando volevo fare il figo la cantavo alle femminucce. Da lì in poi con la mia chitarra e un bongo del mio amico fraterno Marco “Bers” Bersani, iniziammo a suonare per gli amici ai Giardini di Porta Saragozza a Bologna.

Artista fai da te?

Esatto, sono un autodidatta. Io non leggo e scrivo musica anche se qualcosina ci capisco, tuttavia mi avvalgo di collaboratori come Raniero Gaspari, persona meravigliosa, un arrangiatore che ha lavorato da sempre nel mondo della musica. E’ stato il pianista, nonché arrangiatore di Bruno Lauzi per vent’anni. Con lui nel 2010 abbiamo scritto insieme vari brani del disco Desde La Calle (Moltopop/Universal) tra cui Quando vedrai la mia ragazza (1964) di Little Tony (intanto mandiamo  un bacio lassù nel cielo ad Antonio Ciacci). La nostra canzone era una versione latino-emiliana e piacque tanto a Little Tony che decise di ricantarla. Nello stesso anno Tullio De Piscopo è uscito con un doppio album con la raccolta dei suoi successi  e assieme a Tullio abbiamo scritto una canzone che si chiama Conga Milonga in cui facevo un piccolo featuring e con questo brano ho fatto una apparizione in trasmissioni della Rai assieme a Tullio. Questo per dire che mi avvalgo sempre di tantissime collaborazioni poiché la musica secondo me è condivisione, è mescolanza, e come sentirai il mio stile è un insieme di generi diversi.

E’ possibile associare il tuo stile a qualche grande filone musicale?

Noi lo chiamiamo reggae latino-emiliano per dare una prima risposta allegra e spiazzante quando qualcuno ci chiede che genere facciamo. Infatti molti rimangono spiazzati, o meglio a bocca aperta, e continuano a chiedersi “ma che genere è?”. In realtà è un reggae meticcio,  una matrice di musica giamaicana mescolata con altri suoni del Caribe, con hip hop, con funky, con soul, un mix cantato molto in spagnolo, in italiano, con un pizzico di inglese, insomma diciamo un potpourri o come dicono i latinos è un genere sin fronteras perché per loro “un solo mundo es posible”, in quanto c’è già, basta soltanto accettarlo.

Vuoi parlarci del cd “Desde La Calle”?

Uscito nel 2010, “Dalla strada”, perché la strada è un po’ quella che percorri in lungo e in largo per l’Italia a suonare, poi nella strada ci sono gli incontri e lì si formano anche molti musicisti perché quelli sono i luoghi della verità.

E arriviamo all’ultimo album pubblicato nel 2013.

Si chiama Tocar y Luchar (Moltopop – Universal), cioè nel senso di suonare e darsi da fare, combattere. Una delle nostre caratteristiche molto importanti è quella di aver sempre messo a fianco della musica un aiuto a situazioni che riteniamo fondamentali o estremamente importanti: abbiamo collaborato con tutte le maggiori associazioni di solidarietà, con le Onlus, a partire da Amnesty International, Lega Italiana Lotta all’Aids,  Ya Basta, Emergency.

L’ultimo progetto è un Cd uscito l’anno scorso che si chiama “Suoni meticci”, si tratta di una compilation metà italiana e metà internazionale e tutti i proventi sono stati devoluti all’Associazione Italia-Cuba per comprare farmaci oncologici pediatrici che Cuba non può acquistare a causa dell’embargo.

Un album che celebra 25 anni di storia, di attività musicale. La stella a cinque punte stampata in copertina ha un significato? Non credo sia casuale?

Certamente niente è per caso: abbiamo scelto la stella perché è un simbolo di lotta, di impegno, un simbolo della rivoluzione…

…musica ribelle

Bravissimo,  e proprio per sottolineare il senso di musica ribelle, se guardi nell’immagine c’è una testina di un luchador, un praticante del wrestling messicano, quelli che indossano la maschera tanto per intenderci. Loro la chiamano la lucha libre, che sputa del fuoco, perché questa è musica che genera calore. In due parole scarne questo è il concetto. La musica deve servire per raccontare qualcosa o perlomeno per portare delle domande. La musica che è legata ai ritmi latini, alla Giamaica ecc. muove  molto i piedi, mentre noi pensiamo che debba far muovere un po’ anche il cervello. Si parte dai piedi per arrivare alla testa. Da parte mia è doveroso ringraziare i grafici straordinari con cui lavoro da anni e che riescono a riassumere nelle immagini tutti questi concetti. Sono: Luca Poli, autore del logo originale (stella e luchador) e Fabrizio Bonfiglio, autore delle copertina e di tutti i progetti grafici di tutti i miei ultimi lavori!!!

Presentaci la formazione El V & The Garden House.

Con mucho gusto! Siamo in otto: Marco Vecchi è El V, chitarra e voce; Pablito La Ganga, il più giovane della band, straordinario chitarrista che sa suonare sia chitarra elettrica che la chitarra classica; Riccardo Ronk Roncagli, tastiere, un musicista che collabora con nomi importanti del panorama musicale, è molto preparato;  Andrea “whisky liscio” Zucchi è il sassofonista,  un musicista che suona anche con la bolognese Dixie JazzBand; Gianluca “Pecos” Grazioli è il batterista e ha suonato con mezzo mondo; Yateké Mamadou, al basso, è l’anima internazionale della band, di origine centroafricana, nato a Parigi, ha vissuto a New York e a Londra, un tipo che porta un tocco ulteriore di mescolanza nel nostro stile. Infine le due cantanti: Francesca Taverni, che è la mia compagna e la madre di mio figlio;  Virginia Mancaniello, della provincia di Avellino e che noi chiamiamo la Virgin Maravilla e porta nel gruppo tutta la napoletanità, la vivacità, la ritmicità e i sorrisi del sud del mondo. Insomma tante piccole esperienze che si fondono per creare un nuovo stile, perchè secondo noi il nuovo ordine mondiale della musica è la mescolanza musicale, cioè tante musiche, tanti idiomi, tante culture, tanti sapori diversi che generano una nuova cosa.

Mi era sfuggito “Mama Negra”. Cos’è?

E’ il nostro ultimo travolgente singolo a cui hanno collaborato vari ospiti e tra questi anche  l’artista spagnolo Tonino Carotone.

Tra i concerti in programma nell’immediato c’è qualche data speciale che vuoi ricordarci?

Finalmente dopo tanti anni andiamo a suonare per la prima volta in Salento, che è un po’ la patria del reggae italiano: il 3 di agosto saremo a Neviano, in provincia di Lecce, al Salentown Reggae festival.

Ci lasciamo quindi rivolgendo un invito speciale a tutti coloro che in quella data avranno la fortuna di essere in vacanza nella penisola salentina e di scoprire la vostra musica trascinante e contagiosa.

Perfetto.  Grazie mille, mucha suerte. Hasta Pronto!

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