CUBA libri.Torna “Cimarrón – Biografia di uno schiavo fuggiasco” di Miguel Barnet

Che bello tuffarsi nuovamente tra le pagine della Cimarrón- Biografia di uno schiavo fuggiasco dell’etnologo e scrittore Miguel Barnet di cui è appena stata pubblicata la nuova e bella edizione italiana a cura di Elena Zapponi, presentazione di Italo Calvino per i tipi della Quolibet edizioni di Macerata

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Colombia, Gaitán è tornato

10. aprile 2015 – 22:18No Comment
Colombia, Gaitán è tornato

Bogotà. Una grande manifestazione per sostenere il processo di pace nel giorno della Memoria nazionale e le vittime del conflitto in corso  ha ricordato anche l’uccisione dello storico leader Eliecer Gaitán avvenuta il 9 aprile 1948. Con quell’omicidio, i poteri forti chiusero gli spazi democratici. (articolo di Geraldina Colotti, Il Manifesto, l’ultima, 10 aprile 2015)

«Tutte le voci, tutte le mani». Con que­sto slo­gan, si è svolta ieri, in Colom­bia, la grande mar­cia per la pace e la soli­da­rietà con le vit­time del con­flitto. Ana­lo­ghe mani­fe­sta­zioni in soste­gno ai dia­lo­ghi fra governo colom­biano e guer­ri­glie, in corso all’Avana, si sono svolte in diverse altre parti d’Europa e del mondo: per soste­nere le piat­ta­forme comuni ela­bo­rate dai movi­menti colom­biani, impe­gnati nel por­tare a solu­zione poli­tica il con­flitto sociale e armato, che dura da oltre cinquant’anni. E anche per risol­vere altri con­flitti «simili nel resto del mondo». Una set­ti­mana di ini­zia­tive cul­tu­rali ha pre­pa­rato l’evento, a cui ha par­te­ci­pato anche l’ex pre­si­dente uru­gua­yano Pepe Mujica.

Per la sini­stra colom­biana, ieri è stato il giorno della memo­ria. Ricor­reva il 67mo anni­ver­sa­rio dall’assassinio di Jorge Elie­cer Gai­tan, ucciso il 9 aprile del 1948. La scom­parsa del cari­sma­tico lea­der del Par­tido Libe­ral segnò uno spar­tiac­que nella vita poli­tica del paese e signi­ficò la chiu­sura degli spazi di agi­bi­lità poli­tica per una vera oppo­si­zione in ambito costi­tu­zio­nale. Gai­tan era un avvo­cato molto apprez­zato dai set­tori popo­lari per aver difeso ope­rai e con­ta­dini in molte cause con­tro l’oligarchia. In diverse occa­sioni aveva giu­sti­fi­cato le occu­pa­zioni di terre e di case, spie­gando pub­bli­ca­mente le cause che ne erano all’origine, basate nell’impoverimento e nella vio­lenza subite dai meno favo­riti. La sua atti­tu­dine poli­tica ten­dente al socia­li­smo e le sue posi­zioni antim­pe­ria­li­ste sta­vano facendo presa nel Par­tido Libe­ral. Una ragione suf­fi­ciente per fare esplo­dere l’odio delle oli­gar­chie al governo, inca­sto­nate nei par­titi tra­di­zio­nali. Per que­sto, ben­ché gli ese­cu­tori mate­riali dell’omicidio non siano mai stati iden­ti­fi­cati, si può avere un’idea pre­cisa dei man­danti e del con­te­sto in cui è matu­rata l’esecuzione. L’uccisione di Gai­tan suscitò grandi pro­te­ste sociali e rivolte armate in tutto il paese.

La Colom­bia – che per esten­sione somma l’equivalente di Fran­cia e Spa­gna — oggi è una nazione a carat­tere pre­va­len­te­mente urbano, ove il 70% delle per­sone vive nelle città. Allora, con­tava una popo­la­zione in pre­va­lenza con­ta­dina. Il cam­bia­mento si è impo­sto a prezzo di stor­ture pro­fonde e finora insa­na­bili. L’espulsione bru­tale impo­sta dal lati­fon­di­smo a circa un milione e mezzo di per­sone, le ha costrette ad abban­do­nare le regioni di pro­ve­nienza: vit­time della con­tro­ri­forma agra­ria (che ini­ziò disat­ti­vando la legge 200 del 1936 e pro­se­guirà con la demo­li­zione dello schema dise­gnato dalla 160 del 1994 e dagli altri ten­ta­tivi senza sostanza), e degli eser­citi di para­mi­li­tari agli ordini dei poten­tati eco­no­mici, e respon­sa­bili di mas­sa­cri e cri­mini con­tro l’umanità. Circa 50 milioni di ettari di terra, dedi­cata all’agricoltura e col­ti­vata nei pic­coli poderi, sono stati pro­gres­si­va­mente sot­tratti, con la frode o con la vio­lenza, alle fami­glie, costrette a tra­sfe­rirsi in città per soprav­vi­vere. In un paese di quasi 37 milioni di abi­tanti, 25 milioni vivono in povertà e, di que­sti, 10 milioni in povertà estrema. E spesso for­ni­scono ali­mento ai cir­cuiti di vio­lenza ende­mica, gene­rata dalla decom­po­si­zione del tes­suto sociale.

L’assassinio di Gai­tan ha reso evi­dente l’assenza di una demo­cra­zia reale e di garan­zie suf­fi­cienti a favo­rire la par­te­ci­pa­zione col­let­tiva in un pro­cesso di rico­stru­zione nazio­nale. Una situa­zione che ha sem­pre più acu­tiz­zato la crisi poli­tica, incre­men­tata dalla vio­la­zione siste­ma­tica dei diritti umani da parte degli agenti dello stato, dagli alti livelli di cor­ru­zione che inte­res­sano quasi tutte le strut­ture del potere, for­te­mente legate al nar­co­traf­fico e alle reti dei paramilitari.

Il periodo tra il 1948 e il ’65 è ricor­dato come «l’epoca della vio­lenza». Un lasso di tempo durante il quale il potere venne ridi­stri­buito tra i due potenti par­titi tra­di­zio­nali, il Par­tido Con­ser­va­dor e quello Libe­ral, che chiu­sero gli spazi di par­te­ci­pa­zione demo­cra­tica e orga­niz­za­rono la repres­sione delle istanze di tra­sfor­ma­zione. In quel con­te­sto, a metà degli anni ’60 nac­quero le due prin­ci­pali guer­ri­glie di sini­stra, quella mar­xi­sta delle Forze armate rivo­lu­zio­na­rie (Farc) e quella gue­va­ri­sta dell’Esercito di libe­ra­zione nazio­nale (Eln). Per cinquant’anni, le Farc hanno cer­cato una solu­zione poli­tica al con­flitto armato, pagando però sem­pre uno scotto altis­simo, seguito al fal­li­mento della via isti­tu­zio­nale. Il 28 mag­gio del 1982 venne fir­mato il primo accordo di tre­gua e ces­sate il fuoco con l’allora governo di Beli­sa­rio Betan­cur. Due anni dopo, venne costi­tuita la Union Patrio­tica, un movi­mento poli­tico che coa­gulò la pro­po­sta di cam­bia­mento sociale e poli­tico della sini­stra e ottenne un’inedita con­ferma elet­to­rale. Ancora una volta, però, i grandi aggre­gati di potere richiu­sero nel san­gue quello spiraglio.

Potrà andare diver­sa­mente ora? Ai tavoli dell’Avana, che si sono aperti due anni fa sotto l’egida della Nor­ve­gia e del Vene­zuela, la solu­zione poli­tica sem­bra basarsi su solide pos­si­bi­lità. E’ stato rag­giunto un accordo sostan­ziale sui prin­ci­pali punti in agenda, a par­tire dalla riforma agra­ria. Nelle trat­ta­tive, si sono affac­ciati anche alcuni dei prin­ci­pali attori dei con­flitto (le alte sfere delle forze armate) e i burat­ti­nai (gli Stati uniti). I burat­tini fuori con­trollo, come l’ex pre­si­dente Alvaro Uribe, grande amico dei para­mi­li­tari, fati­cano a muo­vere le loro pedine all’interno e le diri­gono oltre­con­fine, all’occorrenza per desta­bi­liz­zare il Vene­zuela. Le forze che si bat­tono per un’alternativa strut­tu­rale non sono però dispo­ste a fir­mare un asse­gno in bianco. I costi pagati dalle classi popo­lari per garan­tire i pri­vi­legi di una mino­ranza diven­tano sem­pre più inso­ste­ni­bili. In vista delle ele­zioni di otto­bre, potrebbe sof­fiare lo stesso vento che ha tra­sfor­mato gran parte dell’America latina? Intanto, dai car­telli della mar­cia, arriva un augu­rio e una pro­messa: che que­sto sia «un aprile di spe­ranza, la pri­ma­vera della pace».

Geraldina Colotti

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