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JAZZ Cd novità: Emmet Cohen, Uptown in orbit

1. novembre 2022 – 23:39No Comment
JAZZ Cd novità: Emmet Cohen, Uptown in orbit

Freschissimo di stampa l’ultimo lavoro del giovane pianista-compositore Emmet Cohen con il titolo  Uptown in Orbit, il suo secondo album per l’etichetta Mack Avenue e  con il quale si conferma un ottimo apostolo del mainstream jazz in grado di tenere insieme, illuminare e celebrare passato e presente, tradizione e modernità del jazz afroamericano.

Il giovane pianista-compositore Emmet Cohen con Uptown in Orbit, il suo secondo album per l’etichetta Mack Avenue, si conferma un ottimo apostolo del jazz mainstream in grado di co, illuminare e celebrare passato e presente, tradizione e modernità del jazz afroamericano. Questa magnifica escursione jazzistica parte da lontano e inizia celebrando in modo didascalico come una sorta di ritualità la grande tradizione con  Finger Buster di Willie “The Lion” Smith. Dopo questa saltellante apertura stride  scorre via via  tutto il progetto swingante in undici pezzi in compagnia dei suoi fidatissimi e solidi componenti del trio, cioè il bassista Russell Hall e il batterista Kyle Poole ai quali si aggiungono per cinque canzoni i preziosi e autorevoli contributi del trombettista Sean Jones e del sassofonista Patrick Bartley. Difficile fare una scaletta dei brani più belli, coinvolgenti e meglio suonati  dell’album che mostra con chiarezza su tutti il talento pianistico del leader e la sua dedizione al recupero della migliore tradizione afroamericana  incorporando con efficaci riletture classici di figure come Neal Hefti (Li’L Darlin), Cedar Walton ( Mosaic), Gerry Mulligan (Venus de Milo) e Duke Ellington (Braggin’ In Brass). Sulle frequenze ellingtoniane spicca in modo vertiginoso  Emmet abilissimo nel rimescolare linguaggi diversi. In conclusione una perfomance all’insegna di quel jazz che dalla testa giunge immediatamente sia ai piedi e che al cuore senza scorciatoie. E, ripetiamo, la sorpresa maggiore di questo lavoro è l’aver riscontrato una grande devozione per il sacro pantheon del jazz  da parte di un pianista-compositore di appena trentadue anni a differenza della maggioranza dei suoi coetanei colleghi.

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