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Cassero Jazz: la carica di Danilo Gallo 4et

1. aprile 2019 – 12:19No Comment
Cassero Jazz: la carica di Danilo Gallo 4et

Cassero Jazz 2019 (una tregiorni dentro la maratona di Crossroads) ha chiuso i battenti domenica 31 marzo con “Dark Dry Tears”, progetto trasversale diretto dal bassista Danilo Gallo al cui fianco troviamo il fantastico drummer statunitense Jim Black e le ance nostrane: Francesco Bigoni e Massimiliano Milesi.

Cassero Jazz 2019 (tappa della maratona di Crossroads) ha chiuso i battenti domenica 31 marzo con “Dark Dry Tears”, progetto trasversale diretto dal bassista Danilo Gallo, musicista abilissimo nel tenere la barra mentre sul palco si fondono esperienze musicali d’oltreoceano come quella del fantastico e solido batterista statunitense Jim Black e le ance (sax tenore e soprano, clarinetti) dei nostrani Francesco Bigoni e di Massimiliano Milesi coinvolto all’ultimo momento per sostituire (e l’ha fatto brillantemente) Francesco Bearzatti assente per motivi di salute e al quale il pubblico “castellano” ha inviato virtualmente i migliori auguri di ripresa con un sonoro applauso.

Un bel battimani ora anche a Gallo, e al suo quartetto, per essere riuscito a catturare l’attenzione e a mantenerla viva per tutti i novanta minuti della performance nonostante – diciamolo pure  per chiarezza – la sua sia una musica eseguita indubbiamente in modo magistrale e con grande perizia, ma non certamente facile da catalogare all’istante per la vastità di pronunce, timbri e colori. Al termine del concerto e una volta metabolizzato quell’insieme variegato di espressioni musicali, il risultato ottenuto è stato di grandissima soddisfazione, per tutti. Delle capacità percussive di Black? Sapevamo già, e sono state riconfermate potentemente anche al Cassero con un drumming che sa essere delicato, intenso ma anche torrenziale quando serve, e che -come si dice da queste parti – è un batterista che spacca ma al momento giusto, che sa creare groove, uno sempre attento al lavoro dei colleghi per miscelare un suono unico. Dei due sassofonisti-clarinettisti nulla da eccepire: Bigoni e Milesi sono due professionisti che hanno mostrato, con equilibrio, un bell’affiatamento nell’alternarsi nei ruoli guida di sax e/o clarinetto, nelle combinazioni timbriche, precisione certosina nelle parti scritte, notevoli negli slanci improvvisativi.

Chi guida sempre il gioco e spicca su tutti sul palcoscenico di Castel San Pietro  ( o almeno dall’osservatorio di chi scrive) è Danilo Gallo,  e risalta il suo modo di introdurre i brani con il  suo basso vibrantissimo (che alla bisogna si trasforma in chitarra, ora in “pianoforte” ecc..) eppoi riesce a dirigere l’andamento del gruppo, coinvolgendo i vari strumentisti concedendo loro ampio spazio per esprimersi. Il tutto con un certo distacco e non riservando a se stesso il ruolo del mattatore come logicamente potrebbe accadere e… E invece lui mostra sul pentagramma uno spirito solidale, impegnato,  quello spirito sociale e culturale che sgorga anche quando prende il microfono per presentare il progetto (che tra l’altro questa settimana è diventato disco con l’etichetta Parco della Musica) e senza peli sulla lingua (ma per lui non è una novità, è una costante) condanna il “muro”, il clima sociale e politico preoccupante che si respira nella società italiana, e non solo, e l’aggressività che monta “grazie” a tanti sostenitori (del male, aggiungo io) di nuovi muri/barriere psicologici e politici. Atteggiamenti di indifferenza alle cose serie del nostro vivere quotidiano sono diffusissimi anche tra gli artisti, pena conseguenze commerciali, ma Gallo su questo non ci sta e si distingue dicendo la sua e chiaramente. Che del resto fa anche in musica non guardando al “mercato”. Bene, per il momento, e non possiamo fare altro, affidiamoci alle ostinate bordate sonore del “Dark Dry Tears”, il progetto di Gallo in bilico continuo tra jazz, rock, underground e contemporanea,  con un repertorio apprezzato molto dal pubblico (non foltissimo, purtroppo per l’ultima serata di Cassero Jazz). Concludendo: musica di notevole spessore, e ancor più quando sul tappeto c’è il ritmo sanguigno di Jim Black. (Gian Franco Grilli)

 

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