CUBA libri.Torna “Cimarrón – Biografia di uno schiavo fuggiasco” di Miguel Barnet

Che bello tuffarsi nuovamente tra le pagine della Cimarrón- Biografia di uno schiavo fuggiasco dell’etnologo e scrittore Miguel Barnet di cui è appena stata pubblicata la nuova e bella edizione italiana a cura di Elena Zapponi, presentazione di Italo Calvino per i tipi della Quolibet edizioni di Macerata

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CILE, libri novità: La storia degli Inti-Illimani

11. dicembre 2022 – 10:55No Comment
CILE, libri novità: La storia degli Inti-Illimani

In tutte le librerie e online è disponibile il freschissimo «SULLE CORDE DEL TEMPO», il libro che racconta la storia degli INTI ILLIMANI, leggendario gruppo cileno che ha composto e interpretato alcune delle più emozionanti canzoni della world music, fondendo insieme musica tradizionale e messaggio politico, performance artistica e impegno sociale. Lo hanno scritto il musicista Jorge Coulón, tra i fondatori del gruppo, e lo scrittore Federico Bonadonna (Edicola edizioni)

Ripercorrere la storia degli INTI ILLIMANI, il leggendario gruppo musicale cileno che ha vissuto in esilio in Italia per quindici anni, significa intraprendere un viaggio nei principali fatti culturali degli ultimi cinquant’anni. Gli INTI ILLIMANI sono stati infatti protagonisti di tantissime vicende che hanno segnato un’epoca: dal rapporto di stima con Federico Fellini e Gian Maria Volonté a quello talvolta conflittuale con il cantautorato italiano (“la musica andina che noia mortale” cantava Lucio Dalla), dalla stagione dei grandi concerti umanitari insieme a Sting e Peter Gabriel, alla folle proposta di Malcolm McLaren, produttore dei Sex Pistol.
«SULLE CORDE DEL TEMPO» (Edicola edizioni) racconta questo intreccio di storie attraverso il dialogo appassionato tra due amici di vecchia data, il musicista Jorge Coulón, tra i fondatori del gruppo, e lo scrittore Federico Bonadonna. Un libro autentico, brillante e ricco di suggestioni, dove trovano spazio ricordi personali, memoria collettiva, ideologia politica e uno sguardo illuminato sul futuro che verrà.

 

Un estratto del libro:

«Gli ultimi mesi di Unidad Popular sono stati molto difficili. Attraverso il progetto FUBELT, Nixon e Kissinger finanziavano la destra cilena con l’obiettivo di fare scoppiare l’economia cilena, dal momento che la via democratica al socialismo di Allende rappresentava un precedente pericolosissimo per i conservatori americani. Gli USA avevano drammatizzato ulteriormente la loro strategia di destabilizzazione dopo che nelle elezioni parlamentari del marzo 1973, Unidad Popular aveva superato il 44%, malgrado la destra avesse semi paralizzato il Paese con lo sciopero dei medici (all’epoca esisteva solo la sanità pubblica) e dei camionisti. Inizialmente il governo aveva messo i militari alla guida dei camion, ma gli eversori saldavano gli automezzi l’uno con l’altro, così da renderli inutilizzabili. Del resto i camionisti ricevevano soldi dalla CIA e quindi guadagnavano di più stando fermi che lavorando. Nonostante questo, la popolarità di Allende cresceva, come fu dimostrato dalle elezioni. La gente sapeva che gli USA stavano boicottando il presidente di un governo da cui si sentiva rappresentato, che sentiva come proprio. Questo è un fatto che non ho mai più visto altrove, se non forse a Cuba nel 1972. È anche vero che negli anni del governo dell’Unidad Popular la gente leggeva moltissimo, si informava, il governo Allende sosteneva la cultura e la scuola. C’erano iniziative come Editorial Quimantú, una casa editrice popolare che nei tre anni di governo Allende vendette quattro milioni di libri, al costo ognuno di un pacchetto di sigarette. A gennaio 2022 la televisione cilena ha trasmesso per la prima volta La batalla de Chile, lo straordinario film documentario di Patricio Guzmán e il giorno dopo la gente in strada si stupiva per il linguaggio colto degli operai in quel periodo.
Così, dopo le elezioni vittoriose del marzo ‘73, i giornali iniziarono a martellare i lettori parlando di guerra civile, di catastrofe imminente se Allende avesse continuato a governare. È stato allora che Sergio Ortega ha scritto El Pueblo Unido Jamás Será Vencido. Credo fosse l’aprile del 1973 quando, davanti alla Biblioteca Nazionale di Santiago, durante una manifestazione, i Quilapayún l’hanno cantata per la prima volta. In quel periodo, c’erano manifestazioni praticamente tutte le settimane: della destra contro Allende, della gente per appoggiare il presidente… Quando l’ho sentita mi ha impressionato: ho capito subito che era una canzone importante. In quel momento, uno degli slogan dei manifestanti era: la izquierda unida jamás será vencida. Sergio Ortega prese questo slogan – che in Italia era una cosa tipo: “Uniti sì, ma contro la DC” – e lo trasformò in El Pueblo Unido Jamás Será Vencido, anche per sbarrare la strada alle tentazioni dell’ultra sinistra, che spingeva la gente ad armarsi contro la destra, una roba alla Robespierre, anticostituzionale. L’idea di un fronte ampio apparteneva al pensiero comunista. L’unità doveva essere più larga possibile, perché la situazione era drammatica. Sergio lo capì e scrisse la canzone. Si fece una specie di riunione con Ortega a casa di Eduardo Carrasco intorno al suo pianoforte, a cui parteciparono anche Horacio Durán e il resto dei Quilapayún. Fu in quell’occasione che si scrisse il testo sotto la guida di Ortega. Casualmente, sia noi che i Quila lasciammo il Cile un paio di mesi prima del golpe. In quel periodo Víctor Jara era in Perù, tornò poco prima dell’11 settembre. Noi partimmo a luglio per la tournée in Europa, i Quila ad agosto. La canzone dilagò mentre eravamo in esilio e il suo significato reale è stato capito solo dopo il golpe.»

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