LATIN JAZZ con  FLAMENCO: Daniel García Trio

Bellissimo omaggio ai grandi precursori del jazz flamenco e una nuova via al latin jazz quello che abbiamo ascoltato a Correggio Jazz 2024 con “La Via de la Plata” dal trio del pianista spagnolo Daniel García completato da due musicisti cubani (entrambi di Santa Clara): il contrabbassista Reinier Elizarde “El Negron” e il batterista Michael Olivera.

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LATIN: el jazz que hace palpitar el corazón

2. marzo 2019 – 02:36No Comment
LATIN: el jazz que hace palpitar el corazón

La ventesima edizione di Crossroads, la maratona musicale che attraverserà tutta l’Emilia Romagna dal 28 febbraio al 7 giugno 2019 offre anche un meraviglioso ventaglio di jazz pan-latino. L’articolo che state per leggere parla dell’evoluzione e stato di salute del fenomeno latin e presenta alcuni dei suoi protagonisti che calcheranno i palcoscenici di Crossroads 2019 con le date dei concerti.

LATIN: el jazz que hace palpitar el corazón

di Gian Franco Grilli

(PAN, n.1 febbraio 2019)

Il jazz latino o latin jazz, noto inizialmente come afrocuban jazz, è stato considerato per molto tempo sia dagli appassionati del genere che da numerosi addetti ai lavori, un patrimonio musicale esclusivo di Cuba. In questa scorciatoia c’era del vero: in effetti, il son cubano è stato il primo genere a maritarsi con il jazz sulla base delle pionieristiche sperimentazioni del musicista e compositore Mario Bauzà (autore del celebre Tanga) iniziate negli anni Quaranta. Era già jazz afrocubano quel linguaggio che esplose poi a livello mondiale con quel pattern ritmico, figlio di rumba e conga, martellato a mani nude da Chano Pozo sui tamburi profani cubani (congas o tumbadoras) mentre la band di Dizzy Gillespie intonò la rivoluzionaria Manteca. Quella carica ritmica allargò il lessico jazzistico e conferì maggior africanità non solo al jazz ma a tutta la black music nordamericana. Da quel momento il “bebop alla cubana” o cubop dominò la scena internazionale fino all’inizio del Sessanta, quando, per ragioni politiche e commerciali, il timone dalle mani di Cuba passò totalmente al Brasile (che fino a quel momento aveva viaggiato su un binario parallelo con successi come Tico Tico no fubá. Aquarela do Brasil, Tereza da praia o la brasilianizzazione di brani nordamericani e stava in gestazione la suadente). Brasile dunque nuovo depositario del paradiso tropicale in cui sbocciarono, come già detto, altre importanti storie d’amore tra jazz e ritmi più o meno ancheggianti della musica popolare brasiliana (samba, samba-canção, baião, frevo, chorinho) scaturite dagli incontri di alcuni padri fondatori di importanti sonorità verdeoro ossia Baden Powell, Antonio Carlos Jobim, João Gilberto, Dorival Caymmi, Milton Banana e affermati jazzmen come Charlie Byrd, Dizzy Gillespie (eccolo di nuovo), Bob Brookmeyer, Stan Getz. Per non dire di Herbie Mann, che abbandonò il jazz afrocubano per sposare jazz samba e bossanova. Insomma, da Tanga a Só danço samba, da Manteca e Tin Tin Deo a Garota de Ipanema. Poi trascorso un ventennio di forzato isolamento, Cuba ritornò in pista grazie alle salvifiche visite degli “ambasciatori” Dizzy Gillespie (e rieccolo!) e Bruce Lundvall (manager della CBS) sbarcati all’Avana con qualificatissimi musicisti per il lancio aperturista di Jimmy Carter verso l’Isla Grande, la quale astutamente approfittò della mano tesa per “invadere” gli Stati Uniti con i leggendari Irakere diretti da Chucho Valdés (foto), pianista e compositore , una sorta di Re Mida della musica cubana, figura cruciale e imprescindibile del jazz internazionale e che ha influenzato i grandi talenti degli ultimi quarant’anni nell’ambito del pianismo jazz di scuola afrocaraibica, e non solo. A lui tutti devono qualcosa per il grande merito di aver saputo rileggere e rilanciare in chiave moderna l’enorme ricchezza di suoni e canti dell’ancestrale patrimonio afrocubano (sondato trent’anni prima da Bauzà, Machito, Miguelito Valdés. Chico O’Farrill e Chano Pozo) creando quell’esplosiva e trascinante onda di jazz en clave con la fusione di tumbao travolgenti, ritmi batà, canti liturgici yoruba e abakuà, accenti rock e i sempre più sfavillanti ottoni del jazz statunitense. Insomma, una ventata sonora che si allontanava dalla nostalgica mambolandia, ossia la Cuba anni Cinquanta, e al tempo stesso – e nonostante l’isolamento internazionale e privo di contatti musicali con il mondo per l’ingiusto e anacronistico embargo- conferiva maggior africanità al latin jazz. Un sorprendente miracolo, disse Gillespie scoprendo quel movimento. Se Cuba era cambiata e ritornata in campo con questo nuovo approccio al jazz, il Brasile, l’altra grande potenza musicale, nel frattempo non era stato alla finestra ma aveva aperto laboratori per riscrivere pagine nuove di samba e choro in chiave jazzistica, annullando così tante banali americanizzazioni commerciali della musica brasiliana del passato. Ma parlare di queste novità sulla via brasiliana al jazz e dei nuovi flirt tra jazzisti statunitensi e carioca o bahiani, richiederebbe un articolo a parte poiché il Brasile (con artisti geniali come Egberto Gismonti, Airto Moreira, Milton Nascimento oltre ai maestri Gilberto Gil, Chico Buarque, Caetano Veloso, Claudio Roditi e…) è un continente di creatività prorompente, una galassia a sé, con una gamma ricchissima di ritmi, colori e sfumature. Per chi volesse comunque rispolverare le fasi più importanti dell’arcipelago latin, un punto di riferimento importante, anche se non aggiornato ad oggi, é lo Speciale Latin coordinato da Filippo Bianchi per Musica Jazz (settembre 2010), rivista che da quel momento in poi ha spalancato le porte al latin jazz, la cui diffusione continua assiduamente nelle mani del nuovo direttore Luca Conti. Questi due signori, bisogna riconoscerlo, attraverso le pagine della storica rivista hanno finalmente dato visibilità e dignità al mondo Latin. Grazie!

Ebbene, a questo punto sento delle vocine chiedersi: ma qual è la situazione odierna e dove va il latin? Eccola, in sintesi: nonostante l’arrivo di nuovi protagonisti sullo scenario sudamericano, Brasile e Cuba mantengono ancora saldamente l’egemonia in questa vasta regione dettando legge sul Latin, e non solo. Una bella panoramica di tale democratica supremazia la offre il meraviglioso e inimitabile “festival nel festival” di Crossroads 2019: infatti nella sua affollatissima vetrina Latin spiccano su tutti i nomi di famosi artisti (affiancati da altri di minore fama ma validissimi) con progetti cubani e brasiliani. E chiariamolo subito: la maggior parte di questi progetti va oltre il jazz latino di Tanga, Manteca, Con Poco Coco, Tre Lindas Cubanas, La Comparsa, Chega de Saudade, Corcovado, Jazz Samba, pezzi simbolo di quel dominante mondo latin fin qui descritto. Molti nuovi musicisti si sono allontanati da quel cliché. E chi vorrà conoscere e ampliare le proprie conoscenze sull’evoluzione e lo stato di salute del fenomeno Latin, apprezzarne le voci nuove, non deve assolutamente perdersi lo strabiliante calendario pan–latino confezionato dall’impagabile team di Jazz Network, diretto da Sandra Costantini, che da qualche anno denota una preziosa attenzione e sensibilità per le culture latine. Sì, culture latine, al plurale, perché come avete potuto desumere non c’è un’unica cultura latina (e tanto meno in campo musicale), ma sono diverse e ciascuna con differenti tradizioni folkloriche e alcune con strumenti tipici, insoliti, e tutti contribuiscono ad arricchire l’immenso giacimento culturale e spirituale dell’America Latina, che è alimentato in primis da Cuba e Brasile, ma anche Panama, San Juan, Tijuana, Barranquilla, Caracas, Trinidad & Tobago, Uruguay,Argentina eccetera. Bisogna sempre tenere presente che dentro questa comunità transnazionale con i suoi protagonisti in continuo movimento si sviluppa incessantemente la coscienza del latin jazz, idioma cui hanno attinto moltissimi famosi compositori extra-latin per allargare i confini del jazz e della musica improvvisata. Lo sapeva bene Al McKibbon (di cui ricorre il centenario della nascita, è senz’altro stato uno dei migliori contrabbassisti statunitensi anche di jazz latino) che spessissimo richiamava l’estrema importanza delle musiche latine, suggerendo a suoi autorevoli colleghi di non temere questi “intrusi”, ma di accoglierli e soprattutto di andare a scoprirne la ricchezza e varietà di quel mondo pochissimo conosciuto negli Usa. E la mappa di quel mondo è cambiata enormemente, tanto da includere sia musicisti e compositori che proiettano il passato nel presente per reinventare nuovi linguaggi dentro la terra madre, sia artisti che elaborano ibridazioni lontani dai paesi di origine. Tanto per capirci e riferendoci solo a quelli che calcheranno il prossimo palco di Crossroads: Gonzalo Rubalcaba, Omar Sosa, Alfredo Rodriguez, Pedro Martinez, Marialy Pacheco, Yilian Cañizares, Edmar Castañeda, Javier Girotto, Carlos “El Tero” Buschini, i fratelli Taufic eccetera. Musicisti che interiorizzano costumi musicali nuovi e arricchendo così la diversità e le identità del prisma latino.

Quindi, tornando a bomba sul nostro percorso, è doveroso, pur rispettando le scelte legittime ma striminzite sul terreno Latin di altri direttori artistici, applaudire e sostenere calorosamente il rivoluzionario e coraggioso risalto dato da Crossroads al Latin mettendo sotto i riflettori non solo i grandi nomi, ma anche le correnti minori di questo ampio fiume musicale con musicisti quasi sconosciuti in Italia che imbracciano strumenti insoliti per il mondo jazzistico per jazzificare musiche e ritmi di nicchia anche in America Latina o latinizzare standard della musica afroamericana. Versanti di questo mosaico innovativo sarà possibile conoscerli e apprezzarli nella ventesima edizione della kermesse emiliano-romagnola, dal 28 febbraio al 7 giugno.

Di seguito citiamo sinteticamente i vari protagonisti e i concerti di questo panorama pan-latino 2019.

Da Cuba (o meglio, dai rispettivi paesi dove sono emigrati negli ultimi anni) gli sbarchi saranno numerosi. Il più importante è certamente Gonzalo Rubalcaba, cinquantaseienne, una delle pietre miliari nell’universo del latin jazz, magnifico compositore, grande esecutore ed improvvisatore che ha calcato tutti i più prestigiosi palcoscenici del jazz mondiale. Già noto al pubblico di Crossroads è comunque la prima volta che il geniale ed enciclopedico pianista, scoperto da Gillespie e Charlie Haden, dialoga con il popolare e stupefacente collega di strumento Stefano Bollani, capace di shakerare gli stili più disparati e uno dei pochi musicisti nostrani che sa incrociare allegramente i tasti bianconeri con gli accenti delle percussioni brasiliane (“Que Bom”, è il suo ultimo disco carioca, Alobar). Quindi, prendete nota per non perdervi il duo Rubalcaba-Bollani, mercoledì 27 marzo, Piacenza, prima data mondiale, unica data italiana. Di questi due maestri del pianoforte, capaci di infrangere i codici, si parla diffusamente in altra parte di questo giornale.

Ecco gli altri artisti cubani che ritornano a Crossroads.

L’apertura a Solarolo (RA) Oratorio dell’Annunziata, domenica 3 marzo è affidata a “Marocuba” il progetto di Marialy Pacheco, prima pianista jazz a essere scelta come “Artista Bösendorfer”, che dialoga con il percussionista marocchino Rhani Krija, noto per la sua collaborazione con Sting, Herbie Hancock. Il 26 marzo, Teatro Galli, Rimini: Omar Sosa Palacio, pianista camagueyano, dalla cifra stilistica imprendibile, sarà in trio con due musicisti straordinari come il nostro Paolo Fresu e l’indiano Trilok Gurtu. La violinista e conante Yilian Cañizares sarà in quartetto venerdì 10 maggio a Piangipane – RA, Teatro Socjale per presentare Invocación, progetto con le musiche del suo secondo album e mostrano tutte le sue influenze: afrocubana, yoruba, classica, jazz, svizzera, francese, venezuelana. Insomma riflette l’evoluzione artistica di questo conturbante archetto cubano in gonna che merita di essere vista e ascoltata.

Infine il 29 maggio, Teatro Asioli di Correggio (RE), il virtuosistico duo sponsorizzato da Quincy Jones e formato dal pianista Alfredo Rodriguez & dal conguero-rumbero Pedrito Martinez (per lui è l’esordio a Crossroads). Molto atteso questo duello sulle musiche del freschissimo cd “Duologue” (Mack Avenue Records).

E ora andiamo in BRASILE.

Yamandu Costa, depositario della tradizione chitarristica brasiliana, spazierà tra choro e samba nel concerto in solo venerdì 22 marzo all’Auditorium Corelli di Fusignano (RA). Da non trascurare l’appuntamento di Domenica 7 aprile, Dozza (BO), Teatro Comunale con As Madalenas di Cristina Renzetti e Tati Valle, talentuoso duo che interpreta le più diverse sfumature di samba e bossa raccolte in “Vai, menina”, il loro secondo disco.

Continuando su quelle frequenze Paula Morelenbaum, una delle cantanti brasiliane più affermate presenterà il “Bossarenova Trio” + special guest Márcio Tubino, giovedì 11 aprile, Gambettola (FC), Teatro Comunale/La Baracca dei Talenti. Da non perdere neppure il quintetto della cantante-chitarrista portoghese Luísa Sobral in scena a Russi (RA), Teatro Comunale, il 25 aprile.

Poi sarà il turno di un grandissimo virtuoso, Hamilton de Holanda con il Trio Mundo (martedì 30 aprile, Russi –RA- Teatro Comunale). Il quarantatreenne carioca Hamilton de Holanda, considerato il “Jimi Hendrix del bandolim”, un cordofono molto simile al mandolino, mostrerà la sua conoscenza enciclopedica della musica muovendosi agilmente tra choro, bossa, samba, classica e jazz. Incredibile.

Primo Maggio a Rio de Janeiro, si fa per dire. Ma la città carioca, primo grande crocevia di incontri tra ritmi brasiliani e stilemi jazz, sarà al centro della serata per rileggere “Desafinado”, miniera d’oro della musica brasiliana. Il progetto ci riporta indietro per un paio di ore nel clima di fine anni Cinquanta, in quel laboratorio di ardimenti ritmici e armonici che diedero vita al movimento della bossa nova grazie, in primis, al pianista-compositore Antonio Carlos Jobim, autore di canzoni immortali incise in modo trasversale da tutti, a parte Maria Teresa di Calcutta, come scrisse (e cito a memoria) il simpatico critico Ruy Castro. Molto atteso dunque questo omaggio a Tom Jobim, mercoledì 1 maggio (Forlì, Teatro Diego Fabbri) dell’Italian Jazz Orchestra insieme ai fratelli carioca Eduardo e Roberto Taufic, Barbara Casini e il trombettista italiano più noto al mondo, Enrico Rava, che folgorato in gioventù dal geniale chitarrista-cantante João Gilberto frequentò poi a lungo il Sudamerica tra bossa, samba e nuevo tango. E a proposito di Tango. Anche la musica rioplatense (dominata da tango,milonga e candombe) occuperà un adeguato spazio del mega cartellone latin di Crossroads, che, lo ribadiamo, non è una veloce centometri ma una vera maratona panamericana, lunga centogiorni e che guarda in più direzioni.

Argentina. E infatti dopo la grande sosta nelle due grandi capitali dell’ afro-latin, ossia L’Avana e Rio, ci si sposta a Buenos Aires per raggiungere con una bella tappa Cordoba e asssaporare alcuni menù con la jazzificazione di tango, milonga, chacarera e altre sonorità world preparati in questi anni da talentuosi musicisti e compositori cordobesi residenti in Italia e dintorni che di nome fanno Javier Girotto (sassofonista e flauti andini), Natalio Mangalavite (piano), Carlos “El Tero” Buschini (bassista) e Gerardo Di Giusto (piano). Buschini e Di Giusto con il progetto Gaia Cuatro (due argentini e due giapponesi) propongono musica in bilico tra passione rioplatense e raffinatezza nipponica: Venerdì 5 aprile a Fusignano (RA), Auditorium Corelli. Il 31 maggio a Correggio (RE), Teatro Asioli, l’inconfondibile ancia di Girotto sarà protagonista di una intera noche Latin: prima parte in trio con “Tango Nuevo Revisited” eppoi jazz en clave italianizzato con il progetto Latin Mood, un sestetto co-diretto assieme al formidabile trombettista di valore mondiale Fabrizio Bosso.

Colombia. Poi il viaggio si inoltra nella Cordillera andina per sbarcare a Bogotà e scoprire una pagina della via colombiana al jazz attraverso la specialissima arpa Llanera: strumento diatonico, re della musica folklorica della savana colombo-venezuelana con caratteristiche non facili da combinare con le musiche moderne, e in particolare con il jazz. Ma con alcune modifiche al sistema di accordatura il “mostruoso” Edmar Castañeda è riuscito a incorporarla in vari progetti tanto da affascinare con le sue torrenziali improvvisazioni Wynton Marsalis e Paquito D’Rivera, che è il vero “padrino” di Edmar. Il giovane colombiano, dallo spirito grintoso e rumbero (ottimo il “Live in Montreal” con la funambolica pianista giapponese Hiromi Uehara / Telarc, distr. Egea), domenica 17 marzo, Castelfranco Emilia –MO- Teatro Dadà combinerà la sua personalissima cifra latin (che miscela Hermeto Pascoal, Astor Piazzolla, cumbia, son palenquero, chandé, joropo, cante jondo andaluso, cha cha e jazz) con le acrobazie di Gabriele Mirabassi, “meraviglioso clarinettista – dice il jazzista Paquito D’Rivera – con il quale condivido un profondo amore per la musica brasiliana”.

A questo punto i veri cultori e appassionati di Latin per una volta potranno dirsi veramente soddisfatti e entusiasti del tanto sabor Latin che inonderà l’Emilia-Romagna con la carovana jazz di Crossroads.

Gian Franco Grilli

 

 

 

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