LATIN JAZZ con  FLAMENCO: Daniel García Trio

Bellissimo omaggio ai grandi precursori del jazz flamenco e una nuova via al latin jazz quello che abbiamo ascoltato a Correggio Jazz 2024 con “La Via de la Plata” dal trio del pianista spagnolo Daniel García completato da due musicisti cubani (entrambi di Santa Clara): il contrabbassista Reinier Elizarde “El Negron” e il batterista Michael Olivera.

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ROBERTO FONSECA: YESUN

22. maggio 2020 – 18:35No Comment
ROBERTO FONSECA: YESUN

«Yesun» è l’ultima fatica discografica del pianista Roberto Fonseca, uno dei più efficaci e talentuosi jazzisti  cubani in circolazione nel panorama internazionale. L’album registrato nel 2019 è pubblicato dall’etichetta Wagram Music.

Di questo brillante compositore ed eclettico tastierista ne abbiamo parlato in diverse occasioni su queste pagine (e su Musica Jazz, Yesun è stato  recensito nel numero di marzo 2020!): Roberto Fonseca (1975) iniziò all’Avana, a soli quindici anni, i primi passi nel mondo del jazz con i gruppi Aries, Agua Pura poi la direzione musicale con il quintetto Temperamento (1998). Oggi è considerato uno dei più efficaci pianisti cubani in circolazione, ma il pubblico internazionale cominciò ad ammirarlo all’inizio del Terzo Millennio come sostituto del leggendario Rubén González nel famoso Buena Vista Social Club, poi a fianco di Ibrahim Ferrer e della diva Omara Portuondo conquistandosi così una quantità incredibile di fan in tutto il mondo. Da quel momento Fonseca entrò prepotentemente nel cuore degli appassionati di jazz-fusión che transitavano per Cuba e iniziò a scalare il panorama jazz mondiale come bandleader e compositore. L’esordio discografico da solista è con «Tiene que Ver» (1999), a cui seguirono altri progetti come «Elengo», «No Limit », «Zamazu», «Akokán», l’esuberante «Live in Marciac» abbracciando rumba, conga, contradanza, mambo, bolero, cha-cha-cha, danzón descarga jam, rap e hip-hop latino. Poi il Nostro sente l’urgenza di fertilizzare il suo pensiero musicale andando alle origini della musica nera e alla primitività dei ritmi creando un link Cuba-Africa. Il viaggio parte con «Yo» (2012) coinvolgendo, tra gli altri, Baba Sissoko, Sekou Kouyate, Etienne Mbappe, Assane Mboup e la cantante maliana Fatoumata Diawara, dal cui flirt nasce «At Home, Live in Marciac.» (2015). Abbandona la fase africaneggiante per «Abuc» (2016), che rappresenta il ritorno per valorizzare le proprie radici raccontando in modo didascalico e con spiritualità la grandiosa storia della musica afrocubana intrecciata a deviazioni intriganti con sonorità contemporanee e riaprendo la rotta con New Orleans.

Paradiso Jazz, San Lazzaro di S. (Bo), 2017: Roberto Fonseca band al termine della presentazione di ABUC.

E a distanza di tre anni riecco Fonseca sulla scrivania con «Yesun»: lavoro bellissimo che vede il multistrumentista poliedrico (suona anche batteria, percussioni e canta) muovere stavolta verso Detroit e dintorni per svelare finalmente sotto i riflettori la parte del suo dna contagiata indelebilmente da artisti e musiche afroamericani. «La gente che mi conosce – ci spiega Roberto– sa che ho avuto differenti influenze musicali: da Jarrett e Hancock ho imparato il lavoro sulla melodia, amo da sempre i suoni analogici e le fantastiche miscele di Joe Zawinul, sono cresciuto interpretando i Beatles, Stevie Wonder, Earth Wind & Fire, progressive e fusion. Tutto ciò è avvenuto mentre imparavo i fondamentali dai nostri grandi maestri, a partire dai miei fratelli, da Bebo e Chucho Valdés e altri. Adesso sentivo la necessità di esprimere questo mio lato con «Yesun». In queste tracce ci sono io, voglio che il pubblico mi conosca con le mie sensibilità musicali, spirituali, il mio modo di interagire con le musiche del mondo per unire tradizione e innovazione. Amo il mondo moderno ma resto legato alle mie radici cubane, alla mia identità». Orgoglio che si manifesta in maniera trasversale e in particolare in Kachucha cantando «Ah ah de Cuba yo soy», sostenuto dal coro di Mercédes Cortes (onnipresente madre di Roberto) e Yipsi Li Avila. Nel frattempo Roberto ha già chiarito le cose con le sue preziosissime mani saltellanti sulle tastiere (su cui spazierà tra piano Fazioli, Hammond, Moog, Prophet & Clavinet, Wurlitzer) nel brano di apertura (La Llamada) in compagnia dello storico bassista Yandi Martínez Rodríguez e del batterista Raúl Herrera. Per dar man forte al trio troviamo qua e là un parterre di eccellenti ospiti in grado di fare la differenza nel risultato finale: Joe Lovano incendia le sue ance in Vivo, che potrebbe essere spiritualmente la traccia più rappresentativa del progetto, ma nostro avviso tale ipotetico podio se lo aggiudica Kachucha, dove svetta il trombettista franco-libanese Ibrahim Maalouf con un sognante fraseggio mediorientaleggiante calato sul magnifico montuno (o guajeo) di Fonseca. Che si conferma pianista di grande tecnica, mai debordante, come del resto i componenti del suo team che non mettono una nota di più, e neppure di meno, del necessario. Il leader si mostra anche abile arrangiatore e dispensatore di equilibrio dell’insieme facendo risplendere le qualità vocali del quartetto femminile Gema 4 (La Llamada e Mambo Pa la Niña) e di Danay Suarez, storica collaboratrice rapper di Fonseca (Cadenas), esaltando le capacità tecniche e improvvisative dei percussionisti afrocubani Inor Sotolongo (su quattro brani) e Adel González, artefice quest’ultimo di un incredibile e travolgente marcha percussiva mixando clave di rumba e abakuà su pelli incandescenti (Aggua). In questo zigzag avanti e indietro tra passato e presente e tra disparati stili, Fonseca richiama gli anni Settanta disegnando con gusto atmosfere zawinuliane e hancockiane (Motown e OO), in Por Ti risalta una carica di sentimento e spiritualità straordinaria, palpabile nel tono intimo del piano di Roberto, che poi si butta in Aggua mescolando rumba, il pianismo alla Lilí Martinez e travolgenti scorazzate cromatiche. Il finale del viaggio è poi con i fiocchi: Mambo Pa la Niña, Ocha, No Soy de Esos e… Clave (introdotto dalla voce campionata del leggendario rumbero Carlos Embale). In sintesi, sono cinquantacinque minuti di ritmi afrocubani venati di funky jazz, soul, cellule di classica e di elettronica, brani prevalentemente strumentali seppur con qualche escursione di cantato anche dello stesso Fonseca, elaborati all’insegna di “Hecho in Cuba” (con tanto di bandiera come spicca in copertina) che sta per musica DOC maturata all’Avana per mano del talentuoso e poliedrico tastierista avanero. Nel concludere ci sembra giusto specificare che la filosofia e le idee di «Yesun» – il cui titolo è frutto di una sincrasi inventata dal ‘santero’ Fonseca in omaggio a Yemayà e Oshun, le due divinità del pantheon Yoruba che governano le acque del mare e dei fiumi – sono nate a Cuba, ma la quasi totalità di pre e post produzione di questa magnifica ibridazione musicale sconfina tra Parigi, Barcellona, New York, Londra, San Paulo e L’Avana. Da non perdere! Fonseca per il tour di presentazione avrebbe toccato anche Correggio ,Teatro Asioli, per  la rassegna Crossroads, 27 maggio 2020. E invece un virus malefico ha cancellato questo ed altro.

Gian Franco Grilli

 

YESUN/ La formazione: Roberto Fonseca (p., tast., perc.,voce); Yandi Martínez Rodríguez (cb); Raúl Herrera (batt.).Ospiti: Gema 4 (voci), Ibrahim Maalouf (tr.), Danay Suarez (voce), Joe Lovano (ten), Inor Sotolongo e Adel González (perc.)

Recensione in Musica Jazz, marzo 2020:

 

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